Mauro Barni ha oltrepassato la soglia dei novant’anni con la baldanza che sempre lo distingue. Gli inevitabili acciacchi dell’età non lo turbano più di tanto. Mauro risponde guardando con fiducia e curiosità al futuro. I ricordi tra i quali gli piace navigare non sopraffanno l’ansia di veder realizzati progetti a lungo coltivati. Anche di lui si può dire che è un uomo-città: una di quelle persone il cui itinerario non è pensabile se non collegato per mille aspetti alla vita di una città, Siena, sentita alla vecchia maniera come una comunità di destino.Gli auguri affettuosi e l’abbraccio caldo che da queste pagine la Contrada gli indirizza sono sorretti da un’ammirazione profonda. Mauro ama la concordia, somma virtù civica. Rifugge da una politica che è diventata una «rissa continua». E la lezione più alta della Contrada è la disinteressata condivisione di speranze e sentimenti. Mauro non sa dire di no: anche quando avversa o contesta una decisione trova sempre il modo di indorare la pillola con una spontanea e sinuosa diplomazia della dissimulazione. Per lui la Contrada è stata ed è momento essenziale e per certi aspetti fondativo dell’esser cittadino. È nucleo di tenaci amicizie, grumo di memorie, centro di convivialità, fulcro di relazioni non indebolite dagli anni. La stagione del Palio che Mauro dentro di sé continua a privilegiare è quella che prese forma agli inizi degli Anni Cinquanta, quando si innestarono nel rito i moduli dell’eroico repubblicanesimo senese. Si espresse allora una miracolosa corrispondenza tra libertà civile ritrovata e culto di un’autonomia da riaffermare con fierezza, senza però cadere in deteriori e boriosi localismi. La Siena delle imprese giovanili, tra umori goliardici e teatrali evocazioni in costume, battagliera e ghibellina, si alimentava delle passioni, e delle illusioni, che fanno tutt’uno con la Contrada. Fu di Mauro l’idea di fondare – a Montaperti, il 14 ottobre 1951 – la Compagnia di Porta all’Arco: perché inalberasse «la rossa crociata bandiera», e la facesse garrire nel vento, in ritrovi che conferivano ad un’ingenua scampagnata la dignità di una storia gloriosa. Il passato era chiamato a nobilitare il presente.La nostalgia non aveva nulla di patetico: spingeva semmai a rinverdire un mai sopito orgoglio. La tempra di amministratore che Mauro ha mostrato nelle varie responsabilità avute ha molto a che fare con questo retroterra morale, con la generosa apertura umanitaria di una professione svolta con competenza scientifica e umana comprensione. Il Palio che Mauro ama è punteggiato da scherzi e battutacce, da fulminanti sfottò e da giocose rivalità, imprevedibile e leggero, non turbato dall’assordante chiacchiericcio mediatico o dalle drammatizzazionidisciplinari oggi in voga. E si riflette nei versi del nostro inno, che dettò lui, con l’estro poetanteche dà forza all’immaginazione e aiuta ad affrontare le sfide più ardue con sereno coraggio: «mai paghi sarem di cogliere / nella pugna nuovi allor». Nel Campo come nella vita.
Roberto Barzanti