Palio, il fattore umano è il vero elemento di rischio

Dopo il corto circuito sulla scelta dei cavalli avvenuto nel Palio di luglio, adesso (ma anche in futuro) è necessario operare nell’interesse del Palio a scapito di presunti interessi delle singole Contrade rappresentate dalle strategie dei Capitani. Tant’è che qualcuno, tra l’opinione pubblica senese, non a torto, ritiene opportuno che sia il Comune ed i veterinari a consegnare la lista dei dieci barberi, modificando il regolamento.
Ma il triste spettacolo di vedere un Palio in formato batteria, non può dipendere solo dall’esclusione dei cavalli più esperti. Nel recente passato si sono verificate situazioni simili senza nessun infortunio, e pertanto ritengo che le cause debbano essere anche altre. In particolare durante il Palio di luglio vi è stata una coincidenza di fattori di rischio che si sono riproposti tutti insieme: eliminazione dei cavalli più esperti, scarso livello di preparazione dei fantini, tempi lunghissimi della mossa e forzature del canape ripetute.
Partendo dal presupposto che se facciamo partire dieci cavalli scossi tutti rientrerebbero tranquillamente nelle stalle, occorre puntare l’attenzione sul fattore umano determinato dalle scelte dei Capitani ma anche da quello dei fantini tra i quali ci sono casi in cui sarebbe meglio consigliare loro di dedicarsi ad altre attività lavorative.
I tempi lunghi della mossa sono attualmente il maggior fattore di stress fisico e psichico dei cavalli. Questo concetto è stato ampiamente dimostrato in Piazza, ed anche argomentato a dovere nell’ultimo convegno del 2019 al Santa Maria da parte di veterinari esperti in psicologia equina.
Un cavallo (o equide, visto che ora il Sindaco lo chiama così) in un’ora di mossa, oltre a ricevere pigiature e pestoni vari, perde la concentrazione, innervosendosi e stressandosi in maniera tale da non esser più lucido al momento della partenza. E’ un concetto molto semplice che deve per forza entrare nella testa delle dirigenze e dei fantini, perchè le cause di questa distorsione relativa ai tempi lunghi della mossa, che mai nel passato si era verificata con tanta frequenza, vanno a totale discapito della prestazione, e fanno aumentare le possibilità di infortunio del cavallo.
Anche il concetto “io sono di rincorsa ed entro quando mi pare” è in conflitto con l’altro concetto, tanto caro ai Capitani, vale a dire “tutti i cavalli devono essere allineati”. Ma il Palio essendo una giostra e non una corsa ippica, se una Contrada rimane “rigirata” è assolutamente in linea con la tradizione. Per un allineamento generale esistono le gabbie. Se la rincorsa “fa come gli pare” può decidere anche di lasciare l’avversaria o un’altra Contrada ferma al canape.
L’altro elemento di rischio è rappresentato dalle “forzature” al canape. Ormai la tendenza della rincorsa è quello di stare a dieci centimetri dal verrocchino. Questo perchè, a discapito di una entrata al galoppo, si preferisce prendere tutti di sorpresa. Con questa modalità (che il mossiere ha il potere di controllare, almeno questo…) ogni gesto del fantino di rincorsa causa la conseguente forzatura del canape con il rischio, come è accaduto a luglio, di rovinose cadute, e seppure vi fosse il migliore mossiere non sarebbe in grado di salvarle tutte.
Appare chiaro, a questo punto, che anche risolvendo il problema della scelta dei cavalli oppure modificando il protocollo, o in ultima analisi, obbligare di portare cavalli meno insanguati e meno veloci, non si metterebbe fine ad un problema causato principalmente dal fattore umano e dalle strategie delle Contrade, che tendono a razionalizzare ciò che per sua natura non può esserlo.

Giovanni Gigli
(da La Voce del Campo del 22.7.2022)