Si possono stimare in circa 1000 le aziende vitivinicole legate ai quattro maggiori consorzi (Brunello di Montalcino, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano e Vernaccia di San Gimignano) che rappresentano le DOCG più importanti dell’area senese. A queste si aggiungo, naturalmente, i produttori del Chianti Classico dei comuni fiorentini.
Nel 2016 che abbiamo appena lasciato alle spalle, si sono celebrati importanti anniversari che riguardano la nascita di questi prestigiosi marchi enoici. La Vernaccia di San Gimignano ha compiuto i 50 anni del riconoscimento. All’epoca, infatti, fu il primo vino a raggiungere la speciale denominazione di origine controllata. Mentre il Chianti Classico, ha festeggiato i 300 anni di storia facendo riferimento ad un editto del Granduca Cosimo III dei Medici, per il Brunello il 2017 vedrà la celebrazione dei 50 anni di fondazione dell’omonimo Consorzio.
Come è noto, il momento d’oro del Brunello di Montalcino, esaltato soprattutto dalla strepitosa annata 2010, è caratterizzato dall’export americano. Si spiega così il fatto che, l’anteprima della nuova annata 2012 – “Benvenuto Brunello” – sarà presentata prima a New York il 19 gennaio e poi a Montalcino a metà febbraio. Gli Stati Uniti al momento rappresentano la meta più importante del mercato mondiale avendo scavalcato, ormai da qualche anno, Francia e Italia nel consumo del vino con ben 31 milioni di litri nel 2015 (fonte OIV). La spinta del “brand” Brunello ha avuto l’effetto di far, letteralmente, schizzare in alto i prezzi medi dei terreni coltivalbili del territorio ilcinese oltre i 400 mila euro all’ettaro a fronte dei 130 mila del Chianti Classico.
Il Chianti Classico, come detto, ha celebrato la tripletta centenaria con un fitto programma di eventi che hanno avuto il culmine nella serata fiorentina nel Salone dei 500 a Palazzo Vecchio ed un concerto del Maggio Fiorentino. E a Siena direte voi? A Siena cosa è stato organizzato per un vino che racchiude nel suo territorio la metà dei produttori? La risposta è: niente. O quasi. Nel calendario ufficiale leggiamo la presenza del marchio “Chianti Classico 300” durante il mercato natalizio in Piazza del Campo, al freddo al gelo, in un contesto del tutto inappropriato dal punto di vista organizzativo; tant’è che molti produttori si sono lamentati ripromettendosi di non tornare. Inutile accennare al ruolo che dovrebbe svolgere l’Enoteca Italiana in questo contesto, occupata per lo più a sopravvivere e mantenere la targa attaccata al muro della Fortezza dopo la recente drammatica crisi gestionale. E questo duole più di ogni altra cosa per un Ente, fondato nel 1933 e che dovrebbe rappresentare il punto di incontro di iniziative e di elaborazione delle strategie dell’economia legata al mondo del vino in termini anche di cultura e turismo.
La nostra città, pur essendo il capoluogo di una delle provincie più vocate alla viticoltura nel mondo, e pur essendone stata con il MPS la maggior risorsa finanziaria della produzione, vive un ruolo di terzo piano rispetto alle dinamicità che il settore del vino può produrre. Duole dirlo, ma il nome di Siena è puramente di carattere geografico. La crisi cittadina ha ampliato questo vuoto ma a ben vedere, neanche quando “c’erano i soldi” e la Provincia aveva un proprio assetto organizzativo e un discreto fondo risorse, le cose non andavano meglio. Perduta la vocazione enologica, con l’abbandono della “Mostra nazionale dei Vini Tipici e Pregiati d’Italia” a favore del Vinitaly di Verona, come spesso è accaduto anche per altri settori, ci siamo chiusi in noi stessi, bastandoci.
Anche se non si è esperti di marketing, non ci vuole molto a capire che Siena dovrebbe fare da collegamento e riferimento per le quattro importanti DOCG senesi. Pensare all’evento di una presentazione senese delle anteprime delle annate sarebbe stravagante? Occorre precisare che a Siena non viene fatto neanche l’anteprima del Chianti Classico che è organizzata a Firenze (“Chianti Classico Collection). Nel territorio senese vi sono 5 dei 9 Comuni che ne compongono il territorio.
Il mondo del vino apre tantissime porte e la Siena istituzionale le dovrebbe sfruttare attraverso una strategia più incisiva, tesa a sviluppare un’attenzione maggiormente “emozionale” da parte di tutti gli appassionati (e non), sull’esempio francese della rete di centri culturali legati all’enologia. Per attirare il famoso “turismo di qualità” occorre proporre qualità nei servizi e nelle iniziative, considerato che, anche a livello medio, il turista diventa sempre più esperto ed esigente ed al tempo stesso sempre ricettivo verso una esperienza piena e coinvolgente nella cultura enogastronomica, artistica e naturalistica e locale.
Giovanni Gigli