La mostra al SMS. I soldati senesi cronisti della Grande Guerra

Tra i tanti meriti che possiamo attribuire alla mostra “Fotografi in trincea, la Grande Guerra negli occhi dei soldati senesi” allestita al Santa Maria della Scala vi è quello di far riavvicinare i cittadini senesi a questo complesso museale, le cui vicissitudini degli ultimi tempi ne hanno, per così dire, allentato l’interesse.
L’evento, che sarà possibile visitare fino al 15 gennaio (magari sarebbe auspicabile una proroga), è stato curato con straordinaria competenza e appassionante dedizione da Gabriele Maccianti con la preziosa collaborazione di Marina Gennari e Laura Vigni insieme al personale del Santa Maria della Scala. Insomma un bell’esempio di mostra nata con forze e capacità tutte senesi. E questo è un risultato concreto delle potenzialità che abbiamo a Siena quando si creano i presupposti giusti per svilupparle. Promosso, oltre che dal SMS, anche dal Comune di Siena e dalla Biblioteca comunale degli Intronati, la mostra è anche frutto del contributo corale di tantissime altre persone: studiosi, privati cittadini ed istituzioni.
E’ la storia della prima guerra mondiale che cento anni fa sconvolse l’Europa, narrata da 36 militari originari della provincia di Siena; un racconto costituito da foto, lettere, diari e cartoline custoditi per tutti questi anni dagli eredi. Sette di loro morirono sul fronte tra i quali troviamo Oreste Verdone padre di Mario e nonno di Luca e Carlo, gli altri proseguirono le loro vite attraverso varie direttrici. Vi erano militari di carriera come Enrico Barbera, Ezio Lombardini e Umberto Cecchini (fratello di Giovanni, indimenticato direttore dell’Archivio di Stato di Siena), volontari come Piero Calamandrei futuro padre costituente, nobil’uomini come Silvio Piccolomini e Guido Chigi Saracini, artisti come Mino Maccari e Vittorio Zani, personalità importanti per la storia di Siena come Fabio Bargagli Petrucci. Tutti questi uomini senesi nel servire la patria in un terreno di scontro bellico che impegnò l’Italia dall’Isonzo all’Albania, sentirono forte il bisogno di testimoniare la loro esperienza in forma di diario, affidandone la memoria all’immagine fotografica o alla scrittura. Il risultato racchiuso nelle sale del Santa Maria allestite con intelligente sobrietà, appare agli occhi nostri come la struggente documentazione di una avventura intima e drammatica, seppure possa rivelarsi parziale e soggettiva. “Una macchina fotografica – come ha scritto nel bel volume a corredo della mostra il direttore Daniele Pitteri – “che è anche sollievo, l’ancora di salvezza, l’isola felice in cui rifugiarsi”. Macerie, devastazioni, cadaveri di soldati lasciati marcire, trincee, accampamenti mal messi ma anche i brevi momenti di svago fuoriescono dalla polvere della storia e ci impongono ancora riflessioni sulle motivazioni e le successive dinamiche di questa “vittoria mutilata”.
Interessante anche la sezione dedicata alla pittura con i quadri di Giulio Aristide Sartorio un volontario italiano di 55 anni (!), provenienti da una collezione che lo Stato Italiano acquistò con lungimiranza circa 15 anni fa.
Un plauso anche alla Banca Cras che ha fatto da munifico sponsor e che conferma la propria vocazione verso il sostegno della cultura locale.
“Il metodo applicato per condurre in porto con tanta fatica e dedizione l’opera – scrive Roberto Barzanti – è un esempio che oltrepassa l’occasione e delinea modalità di presenza che andranno approfondite, affinate e proseguite”. E questo è anche il nostro auspicio.

Giovanni Gigli