E allora seguiamo il rituale

Nell’edizione odierna de “La Nazione” Laura Valdesi intervista il Rettore del Magistrato delle Contrade Claudio Rossi. Alla domanda: “Non sono mancate polemiche sul divieto di esporre le bandiere”, Rettore ha risposto che “… dietro alle decisione rivendico una serie di ragionamenti. Il Rituale dice che le bandiere si mettono nei quattro giorni del Palio, e siccome non c’è stato, niente vessilli. Sarà lo stesso anche ad agosto”.
Basterebbe fare presente che le bandiere delle Contrade sono state esposte nel Palazzo Comunale il 2 luglio e secondo logica non andavano esposte, non essendoci il Palio. Si potrebbe tranquillamente obiettare che il Magistrato aveva dato il via libera per esporre le bandiere ai “confini, agli Oratori e nelle sedi delle Contrade”, per la ricorrenza della Madonna di Provenzano, ma tale esposizione non è prevista nel rituale contradaiolo e neanche è stata autorizzata dalle recenti disposizioni. Nel rituale contradaiolo non si prevede neanche l’esposizione in occasione capodanno senese del 25 marzo (quando invece furono esposte). Quindi appare chiaro che rituale o no, il Magistrato delle Contrade non ha inteso seguire il sentimento della stragrande maggioranza dei contradaioli che speravano di stemperare la tristezza di quei giorni con la bellezza delle bandiere che addobbavano i rioni. Altrimenti non si può tirare in ballo il rituale solo quando fa comodo. Questo giusto per chiarezza e per porre fine ad una polemica che solo le dichiarazioni del Rettore portano avanti. Sarebbe stato meglio un atto di umiltà e ritornare sulle decisioni prese ed ammettere che in fin dei conti non vi è è nulla di sacrilego ricordare un Palio che non c’è, soprattutto quando nei rioni di tutte le Contrade si sono svolte cene, nei giornali e nelle tv locali si è ricordato per quattro giorni quel Palio che non c’è stato, anche con la partecipazione dello stesso Rettore. Ad agosto, tutto sarà comunque replicato. A dispetto del Magistrato, “il non Palio” sarà ricordato, bandiere o non bandiere.

Giovanni Gigli