Lo stile di Angelo, la passione del Mimmi

Non posso dire di aver trascorso l’infanzia insieme a lui, perché Angelo Cortecci (nella foto insieme a Ugo Talluri) era nato alcuni anni prima di me, quel tanto che bastava per avere amici diversi e modi diversi di vivere il rione. I nati durante la guerra avevano oltretutto un vissuto in più, breve o lungo che fosse, ma che faceva la differenza e li faceva sembrare agli occhi dei più piccoli ancora più grandi. Ma comunque, a prescindere dall’età, ci si conosceva tutti, tanto quelli di Sant’Agostino, come quelli di Castelvecchio, di Via dei Maestri, o di Via Tommaso Pendola, perché i nostri piccoli mondi paralleli si incontravano sempre, frequentando la stessa Contrada, soprattutto nei giorni del Palio. Anche la nostra condizione sociale non era la stessa. Il cognome Cortecci significò infatti prima il forno nel Casato e poi il negozio di abbigliamento elegante in Banchi di sopra, esercizio commerciale al di fuori della portata economica di gran parte delle famiglie di operai e di artigiani della zona. Oltretutto il parlare di Angelo con la erre leggermente moscia contribuiva a farlo apparire come uno un po’ snob, come si diceva noi ragazzi più piccini, senza avere precisa cognizione del significato del termine. Ma fu proprio la Tartuca a farci vivere momenti comuni e condividere analoghi sentimenti nei primi anni Sessanta. Fu con Canapetta e con Canapino, nella speranza di una vittoria da troppo tempo desiderata, e fu anche in Castelsenio con il bar, i veglioni e le tombole. Il Palio del ’67 e quello del ’72 ci videro insieme nel giubilo, nelle feste e nelle cene che seguirono, quando ormai la maggiore età aveva attenuato le differenze anagrafiche.
Angelo Cortecci (per tutti Angiolino o affettuosamente il Mimmi) è sempre stato un contradaiolo molto esuberante nei momenti di gioia, ma pacato e riflessivo quando si parlava di cose serie e soprattutto di Contrada. Per quanto l’essere subentrato con la moglie Luciana nella gestione di uno dei negozi più vecchi e prestigiosi di Siena, che seppero rinnovare con lungimiranza, e il crescere degli impegni familiari dopo la nascita di Carlo e Gianni, lo tenessero molto occupato, trovò il tempo anche per la Tartuca. Capacità di analisi, moderazione e generosità furono le doti che convinsero l’amico Mauro Bernardoni, una volta eletto Capitano nel 1976, a sceglierlo come Mangino, insieme a Sandro Civai e a Cesare Manganelli nel ruolo di Tenente del Popolo. Furono anni difficili per una nuova vittoria della Chiocciola dopo quella del 1975 e per qualche purga di troppo. Non sempre le opinioni di Angelo e le mie, su come era condotta la Contrada a quel tempo, coincidevano. Ma avevamo obbiettivi comuni e dichiarati: replicare al potere della rivale e far tornare di nuovo grande la Tartuca. Tre anni dopo, quando Cesare Manganelli venne eletto Capitano, Angelo proseguì nell’incarico per un altro biennio, questa volta come Tenente del Popolo, insieme all’altro Tenente Carlo Venturi. E furono ancora anni duri, nel vano tentativo di riportare la Contrada fuori dalle secche. Poi lui ebbe una pausa dagli impegni diretti, ma non interruppe mai, neppure per un breve lasso di tempo, la frequenza e la partecipazione alla vita e alle attività della Contrada. D’altra parte il Palio Angelo l’aveva dentro di sé e la passione l’aveva ereditata dal babbo Ezio, storico Capitano del Montone. Voluto all’unanimità da tutta quanta la Contrada, si rese dunque nuovamente disponibile per onerosi incarichi dal 1985 al 1990. Prima di nuovo come Mangino per due anni, con Ugo Talluri e Daniele Nuti, nel difficile biennio di Gianni Ginanneschi Capitano e poi, chiamato direttamente a guidare la Tartuca, fu lui stesso il massimo dirigente nel Palio dal 1987 al 1990. Il Mimmi si avvalse, oltre che di Ugo e di Daniele, anche di altri fidati amici come Alvise Vannoni, Giancarlo Romboni e l’instancabile Cesare Manganelli, ma furono di nuovo quattro anni di sofferenza, a causa delle copiose brenne avute in sorte e di qualche inconveniente con i fantini. Di certo ci volle tutto il suo amore verso la Contrada per superare amarezza e sconforto. Angelo però, da Capitano, dette alla Tartuca la grande soddisfazione di essere una delle principali protagoniste del Palio, convincendo, con determinazione, affabilità e scaltrezza di commerciante, Andrea De Gortes detto Aceto che era il re indiscusso della Piazza, già vittorioso per noi nel 1972, a diventare il fantino della nostra Contrada. Con il Priore Vito Messina, quasi a volerlo ripagare per questo grande risultato, sperando nella agognata vittoria, organizzammo per la prima volta spettacolari cene della prova generale a Sant’Agostino che commossero Angelo non poco. Ma ciò che lo avrebbe davvero compensato per il sacrificio e l’impegno profuso per tanto tempo arrivò soltanto l’anno dopo, quando ormai egli aveva lasciato l’incarico. Del suo duplice mandato di Capitano ci resta comunque un grande insegnamento di vita contradaiola perché, chiamato ad un terzo biennio, ritenne insufficiente il consenso ricevuto da oltre il settanta per cento dei tartuchini, preferendo rinunciare alla prestigiosa e meritata riconferma, piuttosto che rischiare una divisione interna alla Contrada. Un gesto di grande amore e generosità che potrebbe sembrare di altri tempi e non ripetibile, ma che invece da noi ha lasciato il segno e l’esempio.
Secondo quanto prevedeva (e prevede) lo statuto della Tartuca Angelo entrò a far parte del Collegio dei Maggiorenti. Quando nel 1992 fui chiamato a ricoprire la carica di Priore volle esternarmi personalmente il suo apprezzamento (che gradii moltissimo) e l’augurio sincero per la soluzione dei diversi problemi che in quel momento gravavano sulla Contrada. Partecipando come Maggiorente alle riunioni dei massimi organi direttivi, sempre rispettoso dei ruoli e discreto negli interventi, ebbe più volte modo di esprimere decisivi pareri su questioni di rilevante importanza.Il primo decennio di questo secolo con quattro vittorie è stato di certo uno dei periodi più intensi e più esaltanti per la Tartuca ed Angelo Cortecci l’ha vissuto in pieno, quasi come fosse una sua personale rivincita, oltre quella della Contrada. Ma anche quando l’entusiasmo ci poteva indurre a gesti ed atti di rivalsa becera e scomposta verso la rivale, egli ha sempre suggerito moderazione e signorilità, in linea con quelle che erano le caratteristiche predominanti della sua personalità e anche della nostra Contrada. Ha poi vissuto con grande carattere gli anni difficili delle sue precarie condizioni di salute senza mai arrendersi e senza mai rinunciare a frequentare la sua amata Tartuca e gli amici con i quali si intratteneva al sole di Piazza del Campo per parlare della città e dei suoi problemi, della Mens Sana e della Robur, con avveduta competenza e puntuale aggiornamento sugli eventi. Tutte le mattine andava a comprare il giornale da Linda dell’Oca, scomparsa anche lei appena dieci giorni dopo Angelo, fermandosi a fare due garbate parole sul Palio con quanti incontrava in quel consueto tratto di strada fra il suo negozio e l’edicola. Quando anche la vista lo ha abbandonato ha saputo trovare tutte le energie necessarie per affrontare con grande dignità quella difficilissima condizione, pur di non rinunciare a ciò che amava moltissimo: la Tartuca e la città nel suo insieme, con le sue chiacchiere ed il suo quieto vivere di provincia.
Ricordiamo di lui la grande generosità, verso la nostra Contrada prima di tutto, ma talvolta anche verso qualcuno dei nostri ragazzi più scapestrato che palesava qualche difficoltà. Era insomma un uomo buono, amato da molti, e certamente una persona di grande educazione e dalla innata discrezione. Sempre un saluto cordiale, mai una rivendicazione, neppure quando ne avrebbe avuto il diritto, e mai una lamentela, neppure quando il disagio fisico era difficile da tollerare e rendeva l’intorno, cose e persone, appena percepibile. Angelo Cortecci se n’è andato “senza disturbare”, come egli stesso aveva chiesto, ma la Contrada ha voluto essergli vicino; tutta in quella piccola chiesa della Misericordia, insieme a tanta gente di Siena e del Palio. Un giorno di lutto per noi e per quanti l’hanno conosciuto e gli hanno voluto bene; una grave perdita. L’amore per la Contrada che aveva in sé lo ha trasmesso ai suoi figli e anche di questo gli saremo sempre riconoscenti. Tramite Murella Cronache il Popolo, il Seggio e i Maggiorenti rinnovano a Luciana, a Carlo, al Capitano Gianni e a tutti i familiari, una sentita partecipazione al loro grande dolore, che è anche il nostro.
Giordano Bruno Barbarulli