Per la Tartuca, l’anniversario più importante dell’anno è senz’altro il famoso “Palio a mezzo” con l’Onda. Un evento unico nella storia del Palio, quello di assegnare una carriera a due Contrade. Da quel 16 agosto 1713 sono difatti passati ben 300 anni. Per ricordare l’evento propongo di rileggere l’articolo scritto da Giulio Pepi nel 1952 e pubblicato sul periodico “La Contrada”.
16 agosto 1713 il “mezzo Palio”.
“Governava in Toscana il Granduca Cosimo III dei Medici quando accadde il fatto che stiamo per narrare e che resta fino a questo momento l’ unico documentato e certo, malgrado che, con il tempo, diverse Contrade, in sede di conteggio popolare, abbiano aggiunto il «mezzo » al numero delle loro vittorie e malgrado che divergenze per cause quasi analoghe si fossero ripetute in un Palio corso diciassette anni più tardi, senza tuttavia che le circostanze favorissero una conclusione simile a questa, che acquistò interesse e valore, sopratutto per essere scaturita da un regolare giudizio arbitrale.Dal 1701, come sappiamo, era invalso l’uso da parte della Contrada che aveva vinto il Palio del 2 luglio, di farne correre un altro a proprie spese il 16 Agosto, per festeggiare la vittoria riportata e in onore dell’Assunzione di Maria Vergine Patrona di Siena; cosa questa che continuò a durare, in maniera saltuaria, e qualche volta per iniziativa di comitati popolari o di altre Contrade che, «per liberalità», si sostituivano alla vittoriosa di luglio, tino al 1302, anno in cui il Comune rese stabile la manifestazione accollando a sè stesso l’onere derivante.Il 2 luglio 1713 dunque, la Chiocciola, con il fantino «Roglia», conquistava la vittoria. In segno di gioia, i componenti di quella Contrada decidevano di destinare parte dei tolleri guadagnati, al finanziamento di una carriera da corrersi nell’Agosto, e a questo scopo inviarono le richieste di adesione alle altre consorelle, un buon numero delle quali, convocate le rispettive assemblee, risposero favorevolmente. Tra esse, figuravano l’Onda ela Tartuca che si rivelarono poi, le principali protagoniste della corsa. A quei tempi le Contrade che aderivano alla Giostra partecipavano tutte, senza limitazioni di numero (infatti solo nel 1720 fu stabilito il numero fisso attualmente in vigore), e i fantini usavano sempre il sovatto », specie di frusta formata da due striscie di cuoio alle cui estremità erano installate due sfere di metallo per facilitarne l’avvolgimento al corpo dell’avversario; il «sovatto» fu abolito due anni dopo, nel 1715, e sostituito con l’attuale «nerbo di bue», mentre permasero a lungo i duri metodi di lotta fra i fantini, che potevano scavallarsi vicendevolmente saltando addirittura in groppa al cavallo della Contrada avversaria. Questo ci fa capire come, insieme all’emozionante competizione nella quale dovevano rifulgere indubbiamente l’abilità del cavaliere e il coraggio dell’uomo, doti che anche oggi occorrono in forte misura, esistesse anche un certo disordine nella corsa per il suo svolgimento e per il numero dei concorrenti; a questo si aggiungeva la mancanza di regole precise che, pure a ottanta anni dalla prima corsa con cavalli (1633) non avevano avuto modo di formarsi in maniera completa; fu questa, crediamo, una delle cause del «Palio a mezzo» che generò per quasi un mese, confusione e disordini a ripetizione.Tornando all’argomento, diremo che il Palio, preceduto dal corteo con i fastosi carri allegorici e le grandiose cavalcate che i Protettori di ogni Contrada allestivano, si svolse attraverso una vivissima competizione seguita dall’entusiasmo dei contradaioli del tempo a cui si univano, non meno appassionati, gli spettatori giunti dal contado e dalle città vicine, sopratutto dalla Corte Granducale di Firenze che, con l’avvento della casa di Lorena. prenderà poi parte attiva e continua alla nostra Sagra. Non mancarono scambi di « frustate » e violente colluttazioni tra fantini durante la corsa, in specie fra quelli dell’Onda e della Tartuca che a vicenda tenevano il comando della gara. Noti troppo giovane e non fresco di energie doveva essere il cavallo dell’Onda montato dal fantino Roglia già vincitore nel luglio (o, conte si rileva da un manoscritto esistente nell’archivio di questa Contrada, dal fantino Pistoi Giovati Battista detto «Cappellaio») se appena giunto primo al termine dell’ultimo giro, non tagliò il traguardo determinato «dal Bando pubblicato in quel giorno e dalle Capitolazioni regnanti nel Magistrato della Biccherna» ma si fermò prima, mentre quello della Tartuca che lo seguiva, continuando sorpassò il punto prefisso. Il “punto” a cui si riferiva il Bando era sicuramente il palco dei giudici, sul quale veniva Issato il Palio; la contestazione nacque quindi per l’imprecisione dei capitoli; infatti: chi era da considerarsi vincitrice, la Contrada il cui cavallo “arrivava” al Palco dei giudici o la Contrada che lo “sorpassava”? Da principio, malgrado le proteste non solo verbali dei contradaioli della Tartuca, il Palio fu consegnato all’Onda. Successivamente, però, dietro le pressanti rimostranze dei Protettori del Rione di Castelvecchio che si sentiva leso nel suo giusto diritto, fu ordinato a detta Contrada, dai Giudici del Palio, di riportarlo e consegnarlo alle autorità civiche in attesa eli giudizio; ciò che a malincuore, fu fatto. Nel frattempo il fermento si acuiva, degenerando in risse violente facilitate dalla vicinanza territoriale delle due Contrade confinanti, che dal 1702 avevano interrotto i vincoli di simpatia e di buon vicinato da secoli esistenti, per questioni di giurisdizione territoriale riferentesi a quella parte di Via San Pietro che va da via del Casato di Sopra a Via S. Agata, controversia risoltasi a favore dell’Onda per sentenza del Capitano di Giustizia, che sarà poi definitivamente codificata nel Bando di Violante Beatrice di Baviera. Questo stato di cose che pregiudicava in modo notevole l’ordine e la quiete pubblica, inquantochè il tempo non influiva minimamente sul ritorno alla calma e alla normalità, fu dovuto affrontare con una certa urgenza e con tutta la buona intenzione di risolverlo.Il 10 settembre successivo infatti l’Auditore Fiscale, alla presenza di Marcello Martini Cancelliere di Biccherna, dei Protettori e dei Camarlenghi delle due Contrade, sentenziò salomonicamente: « del premio di scudi quaranta che ambedue le suddette Contrade ne devino havere la metà per ciascheduna, il drappellone e la mazza stimò bene che si dovesse donare ad una chiesa di terzo ed esortò anche a portarvi unitamente un poca d’oblazione di cera».Quanto disposto fu immediatamente eseguito: il Cancelliere Martini sborsò venti scudi a ognuno dei due Camarlenghi; poi tutti insieme, si recarono alla Chiesa di S. Giuseppe posta ai confini delle rispettive Contrade, che apparteneva all’Arte dei Legnaiuoli (la Contrada dell’Onda officiava a quei tempi la Chiesa di S. Salvatore) e consegnarono al Rev. Don Anselmo Pellegrini il drappellone e la mazza acciocchè fossero inalberati dove «più piacerà ai superiori di detta Chiesa »; nè si sentirono di non seguire il consiglio dell’Auditore Fiscale c allora furono anche offerti sei ceri per l’altare, « con ogni pace e quiete, con gran contento e allegrezza d’ambedue le suddette Contrade », che ritrovarono nella cerimonia, il seme dell’antica concordia. Da allora, sia la Tartuca che l’Onda (nè sembra che vi siano documenti che accordano simile diritto ad altre Contrade) possono aggiungere il « mezzo » al numero delle loro vittorie. Particolare curioso: nell’assemblea generale tenutasi nella Tartuca dopo sette giorni, fu discussa la sistemazione finanziaria del fantino Giovan Battista Papi detto “Ignudo”. Questi, che era presente alla riunione, si alzò e disse che non riteneva giusto percepire tutto il compenso promessogli in caso di vittoria, e « poichè la Contrada haveva havuto la metà del Palio, li pareva di dovere di havere anche lui la metà della vincita ».
Marco Aldobrandeschi (Giulio Pepi) dal periodico “La Contrada”, luglio 1952