Cencio, drappellone, rincorsa, tratta, mossiere, barbaresco, braccialetti. Da qualche anno a questa parte, questo lessico denso di significati non è più solo nostro. Appartiene anche ai vari paliotti (è questa la parola che ogni senese dovrebbe usare) sparsi in tutta Italia, che, certo, avranno pure una loro dignità e origine storica su cui giustificare l’esistenza, ma per il resto, molto è stato costruito copiando pari pari le liturgie ed il vocabolario del Palio. Non sono originali neanche gli stornelli che ricalcano la cadenza dei nostri, imitandone sfottò e ritmica. La lenta contaminazione con Siena, che è andata di pari passo con il progressivo aumento di interesse nel tifo di questi paliotti, ha dato i suo frutti e adesso neanche ci scandalizziamo più.
Tutto normale, pare. I mass media senesi si adeguono a questo interesse che lega Siena ed il suo Palio , grazie anche alla partecipazione dei fantini che in pratica sono gli stessi. Fantini che fanno il loro mestiere di professionisti e che quindi hanno tutto il lecito interesse di parteciparvi, nelle forme e nei modi che vogliono. Nulla da obiettare. Noi contradaioli però dobbiamo un po’ chiarirci le idee. O smettiamo di scandalizzarci ogni qual volta ci sembra che il Palio sia offeso da qualcuno o qualcosa, o smettiamo di partecipare in maniera attiva a queste manifestazioni, fino anche ad essere coinvolti in risse non troppo edificanti. Oltretutto siamo stati un inverno intero a discutere sul processo che vedeva, ed in alcuni casi vede ancora, sul banco degli imputati moltissimi contradaioli. Abbiamo tirato giustamente in ballo la nostra diversità, la nostra storia, il nostro modo di fare “le pugna” secondo i riti di una antica “faziosa armonia” che regola da secoli un rito antropologicamente fissato nel nostro DNA.Ed eccoci qua. Come giustificare la richiesta di “contestualizzazione storico culturale”, il riconoscimento di “comportanti codificati dalla storia del Palio”, il richiamo alla “autoregolamentazione” se andiamo a intrufolarci nelle vicende paliesche di altri contesti che nulla hanno a che vedere con Siena?Non sarebbe giunto il momento di fare una seria riflessione e porre un limite a queste “contaminazioni”, visto che non ci portano nulla di buono?Un conto può essere l’interesse “politico” di un dirigente nell’assistere a questi paliotti in forma riservata, un altro quello di semplici contradaioli che si pongono in maniera attiva dentro le schiere e le strategie di questi lontani rioni. Personalmente, ma potrò anche sbagliarmi, non credo proprio che interessarsi a questi paliotti possa influire neanche in minima parte all’obbiettivo numero uno di un dirigente, vale a dire vincere il Palio. Le logiche di strategie troppo ingarbugliate che creano dirigenti eccessivamente coinvolti in dinamiche legate ai cavalli ed ai fantini, oltre a non portare nulla di buono al Palio, ci allontanano dallo spirito vero della nostra Festa. Abbiamo fatto diventare il nostro “giochino” un po’ troppo complicato, aggiungendogli un fardello di professionalità che non è assolutamente richiesto allo scopo. Eppure sappiamo bene che quando squillano le chiarine e la sorte entra in gioco, tutto si azzera. Ed è allora, solo allora, che inizia la nostra Festa.
Giovanni Gigli